Racconti della Tanzania

Medici in missione nello Yovi
Quando, nei primi anni 90, abbiamo iniziato i nostri viaggi di solidarietà in Tanzania, nella valle dello Yovi c'erano solo un fatiscente dispensario a Kisanga e un piccolo dispensario non meglio attrezzato vicino alla missione stimmatina di Msolwa. A poco a poco portammo giuù le prime attrezzature diagnostiche: un microscopio, una sterilizzatrice, varie forniture di medicinali e materiale di medicazione... Era già qualcosa, ma non era abbastanza. Per dare continuità e sostanza ai nostri propositi migliorativi era necessario costruire una sede in cui riunire personale sanitario, materiale diagnostico e medicinali. Un luogo in cui far arrivare i malati, situato possibilmente in posizione comoda e accessibile.
Chi ha recepito in pieno questa esigenza, mettendo in gioco capacità imprenditoriali e spirito di solidarietà, è stata Adpresscommunications, che a partire dal 1990 ha finanziato a più riprese la costruzione del grande dispensario di Msange (foto). E' così iniziato il faticoso impegno che ha coinvolto volontari, medici, aziende e associazioni, uniti dal comune obiettivo di dare a quella gente la concreta speranza di essere curata.


Quelli del microscopio

Riflessioni su come un solo oggetto possa cambiare il destino di tanta gente. Vedere l’estremamente piccolo ha affascinato da sempre l’uomo e lo ha spinto a cercare in tutti i modi di realizzare questa idea. Lo sforzo dell’ingegno umano verso la realizzazione di questo "sogno" è diventato via via più impegnato quando ci si rese conto che le malattie avevano la loro causa prima in entità invisibili ad occhio nudo e che, individuandole, sarebbe stato possibile cercare cure appropriate a contrastarle. All’inizio dei nostri viaggi di solidarietà nella valle dello Yovi il microscopio non c’era. In compenso c’erano e ci sono tutt’ora la malaria e la tubercolosi. Fornire quindi il dispensary di microscopio è stato una svolta epocale. Si è passati da diagnosi intuitive a diagnosi documentate e, di conseguenza, si sono potute prescrivere terapie più precise ed efficaci. Ora c’è gente che vive fuori dalla valle e decide di andare da "quelli con il microscopio" anche se distano più di 50 chilometri. Quando sono giù a Msange, seduto al tavolo diagnostico, e guardo nel microscopio l’ estremamente piccolo non posso non pensare come un solo oggetto, quasi banale per noi italiani, possa avere una fama che oltrepassa le montagne che circondano la valle.

- G. Donadelli -

Racconti della Tanzania La notte di Teresia
Nell’agosto scorso è comparso Padre Alessandro Di Tullio, ci piace ricordarlo com quando nel 1993 ha dato inizio al nostro impegno per la Tanzania.

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Cronache sanitarie da Msange

Gli scopi del viaggio e del soggiorno di quest’estate erano molteplici: portare i fondi raccolti per il completamento dell’ospedaletto e la sua trasformazione in "Health Center", dare inizio alla sperimentazione di un nuovo metodo di diagnostica della malaria (come il progetto le "mille malarie" presupponeva), consegnare un piccolo mulino in un villaggio di montagna e portare aiuto e sostegno ai tanti poveri e poverissimi della valle. La prima sorpresa è stata l’ospedaletto: la reception e la farmacia erano già in funzione, come pure il reparto di ostetricia, il reparto degenza uomini e donne con in mezzo la guardiola per la caposala, l’inceneritore, la cella mortuaria ed erano già stati sistemati i locali per la radiologia, la sala operatoria e le specialistiche: oculistica e odontoiatria. Già pronti anche la casetta per i parenti dei ricoverati e l’allargamento della casa delle suore, come pure la tettoia che congiunge gli edifici. Guido ed io abbiamo guardato il complesso dall’alto della cisterna dell’acqua, ammirando il bianco e l’azzurro delle costruzioni col contorno del verde delle montagne che circondano Msange e la gente che sale sulla collina sicura di trovare un luogo dove farsi curare. Ci si riempiva il cuore di gioia: avevamo sognato tanto questo ospedaletto assieme a molti amici. Che fosse necessario per la gente della valle lo dicono i numeri: 10.000 le persone che sono affluite all’ospedaletto o ai dispensari di Dolonghe e Madizini ad esso collegati per la diagnosi e cura della solite malattie endemiche ma anche per le vaccinazioni o per partorire con un’assistenza adeguata. Le difficoltà logistiche, la criticata scelta del luogo, malumori e incomprensioni che inevitabilmente hanno accompagnato il cammino della costruzione e della prima organizzazione di un lavoro così importante svaniscono davanti alla gioia di tante persone che prima non avevano nulla ed ora hanno una certezza per sé e per i propri figli: la certezza che in una terra dove ammalarsi è cosi facile si può essere curati e spesso, molto spesso, guarire. Ora il prossimo passo sarà quello di riempire di servizi la struttura: muoversi nella direzione giusta perché Msange sia un "Heath Center" vero con personale, strutture di diagnostica e terapia anche in regime di ricovero facilitato, con la gratuità per i più poveri. Se il mondo missionario stimmatino nella valle dello Yovi è riuscito a creare e a far vivere e progredire i miracoli della St. Gaspare Bretoni Secondary School, dell’Amani Scool, dei tanti asili infantili, delle chiese e delle sale per le comunità religiose ed è riuscito inoltre nelle campagne per dar aiuto ai più bisognosi della valle non avrà certo difficoltà a completare e rendere stabile quello che può diventare un punto fisso di speranza per tutta la gente che vive tra Mikumi e Kilosa.

- G. Donadelli -

Mbuiuni: ma c'è veramente?
È un villaggio al confine del mondo: dopo un’ora di fuoristrada, due ore di cammino in salita tra montagne bellissime, percorrendo a brevi tratti la vecchia strada tedesca che congiungeva Morogoro a Iringa, si trova un pianoro dove alcune capanne di paglia fanno da periferia ad un villaggio che comprende tanti piccoli agglomerati familiari sparsi sulle colline circostanti e perfino sulle montagne circostanti. C’è un asilo dei padri stimmatini, la costruzione in pali di legno per il nostro mulino, tante capanne in fango e paglia, una piccola arca di Noè con capre, oche, due asini e ci sono tanti bambini. Per prime vengono le donne: l’analfabetismo è pressoché totale e quasi tutte hanno partorito al villaggio senza nessuna assistenza. Il confronto con Msange, con i suoi più di cento bambini nati bene, ci riempie di gioia per quanto fatto nell’ospedaletto, ma nello stesso tempo rende più amaro quanto vediamo qui. Tanti bambini con gravi deficienze sia fisiche che psichiche (conseguenze di traumi da parto e di malaria) e ancora infezioni urinarie e gastrointestinali non curate. E in questa corte dei miracoli i casi si susseguono, uno più grave dell’altro, con una scoraggiante impotenza da parte nostra. S’abbiamo portato un piccolo mulino che almeno solleverà le donne dal pesante lavoro di molitura del grano, che iniziano da bambine. Così potranno andare alla scuola di Kisanga. Ma alle donne spettano tante altre incombenze: andare ad attingere l’acqua a più di due ore di cammino, tener pulita la capanna, accudire i bambini e infine zappare il campo. Diciamo loro di venire a farsi curare a Msange, ma, nei giorni successivi, non abbiamo visto nessuno. Torniamo a casa con una capra che la gente di Mbuiuni ha dato alla missione per la bella messa celebrata da padre Assuero e per le poche ore che abbiamo dedicato, impotenti, alle loro miserie. Sè gente povera ma generosa e riconoscente. Certo è una situazione limite, un’eccezione, ma ci spinge ad impegnarci al di fuori della nostra area abituale della valle dello Yovi e ad intervenire aiutando i padri a risolvere queste situazioni assurde e dolorose, non certo da terzo millennio.

- G. Donadelli -


Felicino: la regola dell'eccezione.
Racconti della Tanzania Veramente il suo nome è Happy, ma abbiamo chiamato così quell’esserino che la madre e il padre, giovani pieni di paura e di premure per quel loro primo figlio, ci hanno portato all’ospedaletto. Ha sei mesi, la febbre alta ed è molto pallido. Nel prenderlo in mano per visitarlo ho la sensazione di prendere in mano un passerotto, infatti è molto sottopeso e le dita che scorrono su quelle piccole ossa nella visita hanno la sensazione di toccare fuscelli pronti a rompersi da un momento all’altro. Gli esami evidenziano una grave malaria e ancor più una grave anemia (damu kidogo). 3.0 gr. di emoglobina di regola sono incompatibili con la vita. Comunicare ai due giovani genitori la gravità del caso non è stato facile, come non è stato facile prospettare loro un eventuale tentativo di terapia: trasfusioni di sangue, da fare il più presto possibile a Mikumi o a Morogoro, comunque in un ospedale attrezzato. Difficile, molto difficile per la distanza e perché i due giovani sposi sono molto, molto poveri. Ma tutto, o quasi, si può fare: a Morogoro ricoveriamo il bambino e troviamo un alloggio per i genitori: c’è solo da aspettare e sperare. 
Dopo tre giorni il giovane papà ci viene trovare e ci dice che il bambino sta meglio e così ci aggiorna di tanto in tanto. Le condizioni sono in progressivo costante miglioramento e dopo 20 giorni Felicino torna un po’ meno pallido, senza febbre, con una...gran fame e guarda sereno la felicità negli occhi dei suoi genitori.
La regola diceva… Ma questa è l’eccezione! Un episodio, uno dei tanti che dimostra che la scienza ci dice tanto ma non certo tutto e che l’uomo, sia esso all’alba o al tramonto del suo percorso su questa terra, ha sempre il diritto sempre di essere curato. E ci dice anche che la natura, con quella forza risanatrice che spesso la scienza non le riconosce, ha almeno il diritto di avere una sua possibilità di agire.

- G. Donadelli -

Tratto da: infermieristica- mente – Notiziario aggiornamenti professionali – Numero 2/2009 anno XVII